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martedì 25 giugno 2013

M'ama Food, "catering dal mondo" che sa di vita. E che la dà

Ci sono storie che escono dalla penna - e dalla tastiera - con la velocità della luce. Le incontri, ed è impossibile trattenerle, fermarsi a riflettere, lasciarle crescere. E poi ce ne sono altre che invece hanno qualcosa di sacro in sé che richiede maggior delicatezza, attenzione, rispetto, tempo, maturazione. Così è andata - almeno per quanto mi riguarda - con M'ama Food. Che ho conosciuto quando faceva molto freddo e Milano era appena uscita dal fittizio tour de force natalizio. È stato amore a prima vista: perché mi ha colpito il senso di questa realtà, il profumo della sua concretezza, la complessità che va a braccetto con la semplicità, senza che l'una si vergogni dell'altra. Solo oggi però riesco a scriverne. Forse perché oggi ho sono stata con loro in cucina, e ho dato una - ma proprio piccolissima - mano al loro lavoro, ho assaggiato il cibo mentre cucinava in padella, ho condiviso il ritmo del lavoro, la leggerezza, l'impegno, la precisione, la determinazione.
Che cos'è M'ama Food? È un servizio di "catering dal mondo" nato all'interno della Cooperativa Farsi Prossimo, onlus che a Milano tra le altre cose si occupa di dare ospitalità - e dignità - alle donne rifugiate arrivate in Italia da Paesi dove la vita - per motivi che qui non interessa approfondire - per loro non è più accettabile. Altre informazioni le potete trovare sul sito di Farsi Prossimo, appunto. La storia di M'ama Food nasce dunque qui, da un'idea di alcuni operatori. Queste donne sanno cucinare, nel loro Paese lo fanno tutte: perché non mettere a frutto questo innato patrimonio gastronomico facendolo confluire in un laboratorio di cucina, con l'intento di dare loro innanzitutto un senso durante la permanenza nel centro di accoglienza, e poi anche un'opportunità di lavoro che le possa rendere autonome e integrate quando dovranno per forza di cose andar via da lì? Il progetto piano piano prende piede. Le donne - non tutte, ma molte - ci stanno, si danno da fare, imparano a lavorare in modo organizzato, a condividere ciò che hanno assorbito fin da bambine, unendo al loro know how innato anche i fondamenti della cucina italiana, e quindi come si preparano alcune nostre specialità. Oltre ovviamente alle tecniche di cottura, alle norme igieniche e a tutto quanto necessario per poter uscire allo scoperto e entrare sul mercato.
Passano un paio di anni di primi passi, rodaggio, crescita, ed ecco che ora M'ama Food è una realtà. Concreta, saporita, diversa, speziata e soprattutto autentica. E arrivano i primi sostenitori, le segnalazioni, gli articoli, il passa parola, le richieste. Arriva il lavoro, insomma. Nasce anche il sito, la pagina su FB, i contatti si allargano e le occasioni per mettere a frutto la loro abilità e conoscenza aumentano: dai primi, timidi servizi di catering per amici e conoscenti alla preparazione di un vero e proprio banchetto matrimonio, il passo è breve. Ed è solo l'inizio. Perché questa realtà - proprio grazie al fatto di essere vera, di rispondere a un bisogno concreto e di proporre il cibo come cultura, scambio ed energia vitale - non può che avere un futuro assicurato e solido.
In attesa di poter disporre di una propria sede e di una cucina attrezzata tutta per loro, il lavoro delle donne di M'ama Food - e di chi 'dei nostri' le sta aiutando in questa fase - è ospitato presso la Fondazione Bertini, zona Viale Padova. È lì che affettano cipolle, tritano peperoncini, impastano farina e acqua per preparare i Sambousa, triangoli di pasta da riempire con verdure e/o carne e poi friggere. È lì che cuociono e sgranaro il cous cous, lessano il riso, preparano i ceci per l'hummus.
La lista delle pietanze, dei 'finger food', dei dolci (uno su tutti, la mitica Pavlova) per colazioni e coffee break, merende e aperitivi, pranzi e cene ecc. che M'ama Food è nel frattempo in grado di offrire è lunghissima. Andate a vederla sul sito. E vi verrà sen'altro l'acquolina in bocca, nonché la voglia di organizzare una festa, un evento, un aperitivo proprio per poter assaggiare queste delizie che sanno di terre dove l'esistenza può essere davvero in salita, di sorrisi che comunque allargano il cuore, di occhi giovanissimi che già molto hanno visto senza per questo perdere la voglia di vedere altro e di credere nella vita. E di desiderio di imparare, crescere e condividere, di tornare ad avere/trovare un senso in un'esistenza così diversa e lontana da casa. "Non è il peperoncino, non è lo zenzero, non è il coriandolo... Ciò che dà gusto a un piatto è l'amore che metti nel prepararlo", dice Samy, 25 anni e un passato già spesso alle spalle. Ed è proprio così. Assaggiare i piatti di M'ama Food per comprendere. E credere.
Fiorenza Auriemma



sabato 22 giugno 2013

Pasticceria Besuschio: dolce professionalità e ospitalità

L'interno della pasticceria
Abbiategrasso, piccolo centro antico alle porte della grande Milano. Andandoci un venerdì pomeriggio d'estate, la prima cosa che colpisce è la quantità di persone che girano in bicicletta. Grandi, piccoli, uomini, donne. Uno sciame di ciclisti da far invidia alla Cina che fu. La seconda è che tutti - ma proprio tutti - qui conoscono la Pasticceria Besuschio. Per cui, trovarla anche senza navigatore, Google Maps, Waze e via dicendo, non è affatto un problema. Basta chiedere, e vi sarà risposto. Per la cronaca, l'insegna sta in centro, nella piccola Piazza Marconi che ospita anche il municipio. Sotto ai portici, antichi pure loro e sorretti da colonne cui viene voglia di appoggiarsi per trarne la forza del tempo. E con le travi in legno a vista. Bellissime, possenti e scurite dal tempo, fanno da corona alle vetrine del negozio, a quelle dell'enoteca a fianco della pasticceria e arredata con i solidi mobili di una vecchia drogheria di famiglia, alla gelateria dove al cono e/o coppetta si affiancano il biscotto farcito, lo stecco ecc. Tutto fatto in casa, ovviamente. Proprio dietro le vetrine. E tutto firmato Besuschio. Nome che qui da quasi 170 anni fa rima con dolcezza. Grazie ad Ambrogio che ha dato il via all'attività nel prima metà del Diciannovesimo secolo. E ad Andrea, attuale portabandiera. La cui bravura è direttamente proporzionale alla riservatezza. Basti pensare che lo conoscono tutti nell'ambiente della pasticceria - e anche della gastronomia, visto che diversi chef di spicco si servono da lui, hanno imparato da lui e/o mandano i propri pasticceri a scuola da lui - senza che per questo si atteggi a 'star' delle praline, presenzialista dei dessert, icona  dei lievitati. Però, chi è del giro sa che quando arriva Natale i suoi panettoni - giusto per restare in tema di lievitati - sono contesi come pietre preziose. E, proprio come tali, circolano in quantità limitata. Perché tutti - dal primo all'ultimo - escono dal grande forno nel laboratorio annesso al negozio. Il quale ha 70 anni di vita: enorme, con due camere sovrapposte, in mattoni dentro e piastrellato fuori, è sempre acceso, giorno e notte, estate e inverno. Anche quando non accoglie nessun impasto per trasformarlo nei  classici come panettone e veneziana, o in creazioni 'firmate' Besuschio quali Fior di Giaduia, Pancannella, Crakelé ecc. che si possono trovare nel corso dell'anno. Un forno che è come un fuoco sacro curato da solerti vestali, verrebbe da dire, vedendolo troneggiare nel centro del laboratorio. "Non lo spegniamo mai per evitare che si possano creare dilatazioni e crepe", spiega più prosaicamente Andrea Besuschio. Il quale ha imparato il mestiere da suo padre Attilio, che l'ha tenuto a bottega diversi anni per poi passargli le consegne nel 1991. "Sotto Natale, mio padre ci cuoceva fino a 250 panettoni al giorno, in questo forno", ricorda Andrea mentre accarezza quella grande creatura che dispensa calore e vita. "Noi oggi cominciamo la lavorazione ai primi di novembre, e marciamo a suon di 100 panettoni ogni giorno".

Andrea Besuschio
L'insegna e i portici
Pasticceria Besuschio è sì tradizione, però è anche innovazione, ricerca, design applicato alla dolcezza. Basta dare un'occhiata alla teca che custodisce - alla giusta temperatura - le versioni monodose da asporto: belle, colorate, artistiche, innovative, oltre che buone; o ai tranci di torta che possono - e che vengono - consumati in alternativa al panino del mezzogiorno, seduti a uno dei tavolini della pasticceria, dentro d'inverno e sotto ai portici d'estate. E ovviamente alle torte più tradizionali, alla zona della piccola pasticceria, cui si aggiungono le confezioni di biscotti, gelatine, dragée, confetture ecc. ecc. Insomma, dire che qui ce n'è per tutti i gusti e tutte le ricorrenze potrebbe suonare banale. Però è pura verità.
Le monodosi
L'antico, grande forno
A tutto questo ben di dio, da ammirare, degustare, comperare, regalare, da qualche mese si è aggiunto un piccolo e accogliente Bed&Breakfast: due camere con le travi a vista, ricavate nello stesso antico edificio che ospita la pasticceria, la sua famiglia, i laboratori. Anzi, proprio sopra. Due rifugi confortevoli, di design senza essere asettici, curati nei dettagli senza sembrare finti, dai colori caldi senza essere stucchevoli. Vedendole, è facile immaginare quanto possa essere rinfrancante il riposo, in quelle stanze. E quanto sia azzeccato il nome che Andrea e sua moglie hanno scelto per questa new entry: Sweet Dream. Perché non possono che essere dolci i sogni di chi prende sonno qua, con la mente già addolcita dal pensiero della ricca e golosa colazione del mattino successivo. Imbandita con le  dolcezze di casa Besuschio, ovviamente.
Fiorenza Auriemma


mercoledì 12 giugno 2013

Al Michelangelo Restaurant di Milano Linate, l'alta cucina spicca il volo

Tavolo con vista sulle piste
È il sogno di molti bambini, e probabilmente anche di altrettanti adulti: mangiare guardando gli aerei che decollano e atterrano. Ebbene, a Milano basta andare al Michelangelo Restaurant, all'aeroporto Forlanini di Linate, e il sogno si avvera. Tanto più che anche la carta merita una visita. Perché da qualche settimana qui si è insediato un piccolo ma preparato team di cucina e sala che - sotto la supervisione dell'Executive Chef Michelangelo Citino - offre a pranzo e a cena piatti degni di essere degustati. Il tutto, appunto, in un ambiente gradevole, arredato con cura e in modo personale ed elegante, senza però gli eccessi né il gelo che a volte caratterizza il design dei ristoranti moderni. I tavoli inoltre sono sufficientemente distanziati l'uno dal''altro per permettere di conversare senza disturbare o essere disturbati. E una parete ospita una mostra di quadri che cambia periodicamente. Insomma, avete presente l'atmosfera pesante, rumorosa e spesso stancante di molti locali che corredano aeroporti e/o stazioni? Ecco, esattamente l'opposto.
Spaghetti al limone, scampi e taccole
Ovviamente, il Michelangelo Restaurant - che si trova sopra l'area partenze ed è raggiungibile sia via scala sia via ascensore - è stato pensato in primo luogo per i viaggiatori: per chi arriva in aeroporto con largo anticipo rispetto al decollo, per chi si trova a dover far fronte a un ritardo del proprio volo, e per chi semplicemente vuole partire con lo stomaco piacevolmente. Ecco perché anche gli orari del servizio sono adeguatamente strutturati per andare incontro alle esigenze dei 'volanti': i quali qui possono pranzare dal lunedì al sabato dalle 11.45 alle 13, e/o cenare dal lunedì al venerdì dalle 18 alle 21.30. Per ora, il ristorante è chiuso il sabato sera e l'intera domenica, e la cena si conclude appunto a un orario piuttosto precoce. Ma non sarà così per molto. Perché l'intento dei gestori - MyChef Emotion - è farne un luogo frequentato anche dai milanesi 'stanziali', i quali possono facilmente raggiungere questo gioiellino gastronomico appartato sia usando i mezzi pubblici sia con la propria vettura. Nel secondo caso, il parcheggio è a spese del locale, per una sosta complessiva di 4 ore.
Carré di agnello con patate e cipolla 
Spugna al pistacchio con fragole
Veniamo ora alla carta: la cucina ha come regista un giovane chef, Andrea Iudica, che a 28 anni ha già alle spalle esperienze di spessore, compresa quella al The Park, il ristorante del Park Hyatt di Milano. Ed è proprio lì che Iudica ha lavorato con Michelangelo Citino, il secondo di Filippo Gozzoli quando lo chef era appunto responsabile del The Park. Con la supervisione di Citino, il Michelangelo Restaurant offre piatti curati - sia nella presentazione, sia nella sostanza - a prezzi equi e con un'attenzione ad alcuni must della tradizione, visto che la clientela è in parte internazionale. Qualche esempio (tenendo presente che la carta cambia stagionalmente): tra gli antipasti, da provare l'Uovo croccante cotto a bassa temperatura, con asparagi bianchi, uova di trota e rafano, oppure il Crudo e Crudo, ovvero prosciutto crudo accompagnato da verdure crude; tra i primi, notevoli i Ravioli agli asparagi, cacio, pepe e liquirizia, così come gli Spaghetti al limone, scampi e taccole; come secondo, meritano una segnalazione il Carré si agnello con patate novelle, cipolla e menta, e l'ottimo Salmerino in saor con cipolla rossa di Tropea; per finire, chi si vuole tenersi leggero può gustare senza sensi di colpa la Spugna al pistacchio con gaspacho di fragole e basilico, mentre i più golosi non si lascino scappare il Cannellone al cioccolato bianco, amarene e pepe nero. Il costo dei piatti è mediamente tra 10/18 euro per gli antipasti, 9/18 per i primi, 15/28 per i secondi e 7/8 euro per i dolci. Chi lo desidera, può scegliere tra due menu degustazione - rispettivamente a 39 e 59 euro - mentre chi non ha molto tempo, a pranzo può ordinare il piatto unico (a 16 euro, cambia ogni settimana) oppure il Nostro Hamburgher, ovvero 180 g di manzo, uovo, speck e iceberg, con contorno di misticanza, per 19 euro. Gustando il tutto seduto a uno dei tavoloni conviviali all'ingresso del locale. Pensati apposta per chi - pur avendo fretta - non si accontenta appunto del 'solito panino'.



Fiorenza Auriemma