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mercoledì 12 maggio 2010

Giovani ristoratori tra libreria e orto

Per qualcuno, le guide sono e restano uno strumento indispensabile per orientarsi nel mondo della ristorazione. Altri invece le ritengono viziate, scontate, superate, superflue ecc. Ciò non toglie che il fatto che esistano offra a chi lo desideri una possibilità in più per conoscere, scegliere, assaggiare, approvare e anche criticare, ovviamente. Ben venga dunque quanto presentato questa mattina a Milano, ovvero la Guida JRE 2010. Che giunta alla sua 18esima edizione diventa "maggiorenne" ed è perciò edita da Mondadori e distribuita nelle sue librerie, in modo che chiunque lo desideri possa acquistarla. Per chi ancora non conoscesse questa sigla, JRE sta per Jeunes Restaurateurs d'Europa, associazione che nel Vecchio Continente raggruppa dal 1992 a ora più di 500 giovani chef proprietari del loro locale. I quali per essere ammessi nell'associazione devono condividere e soddisfare i severi requisiti stabiliti dallo statuto. È una bella notizia, a mio parere, perché è giusto dare ai giovani di talento ogni occasione possibile per farsi conoscere, soprattutto in un momento come quello attuale, anche appunto attraverso un "navigatore cartaceo". L'associazione italiana - e quindi anche la guida - comprende 85 chef, da Nord a Sud, sette dei quali sono "nuovi ingressi", tra cui figurano due donne. Emanuele Scarello, chef patron de Agli Amici, a Godia (Ud) e presidente della JRE italiana, ha colto l'occasione per annunciare un'altra iniziativa che merita altrettanto rispetto e attenzione: tutti gli chef dell'associazione si organizzeranno per realizzare entro l'anno un "orto di prossimità", ovvero un luogo fisico dove coltivare almeno parte delle verdure per la propria cucina. Fiorenza  

domenica 9 maggio 2010

Tè e cibo, un matrimonio intrigante

Che preparare e servire il tè sia un arte, a tutti gli effetti, è risaputo. E che noi italiani abbiamo ancora tanto da imparare in questo senso, lo è altrettanto. Bello perciò avere ogni tanto l'occasione di poter non solo assaggiare tè particolari, ma anche di ascoltare qualcuno che nel nostro Paese si occupa con amore e passione di questa bevanda che in altri luoghi della terra gode di molto più rispetto e riconoscimento. A me è successo un paio di giorni fa, nella sala dedicata di HighTech, in centro a Milano, dove Anna Maggia - esperta sommelier del tè e che in quanto tale gira l'Italia per fare cultura e affiancare anche i professionisti della ristorazione - preparava con attenzione quasi maniacale alcune miscele primaverili ed estive di Dammann Frères; nome da noi forse sconosciuto ai più, ma non in Francia, dove questa società ha una lunga storia e tradizione, sia come importatore sia come marchio di qualità legato alle foglie di quella bellissima pianta che è la "madre" del tè. Così, ho colto l'occasione per chiedere alla signora Maggia qualche suggerimento per abbinare al meglio cibo e tè; per dare a mia volta una mano a chi volesse superare la "barriera del suono" che da noi vede questa bevanda servita più che altro insieme alla piccola pasticceria o riservata a quei momenti quando si avverte il desiderio di mandare giù "qualcosa di caldo". La prima cosa che ho imparato in quello scambio di battute è che è opportuno cercare abbinamenti per affinità, e non per contrasto. Così, i tè verdi cinesi e giapponesi vanno bene con il pesce - anche per via del loro aroma salino - mentre un Darjeeling è indicato con i primi piatti, perché aiuta a pulire la bocca. I tè dal sentore più erbaceo invece - e ce ne sono diversi! - sono ottimi con le verdure, sia sotto forma di sformati o come ingrediente di una frittata. Per un brunch? Dipende dalla stagione: d'inverno, sono particolarmente indicate le miscele speziate, nelle quali risaltano ad esempio il pepe e lo zenzero; in primavera e d'estate, si può optare per una tè più leggero e profumato. Anche i formaggi si possono servire con un buon tè, meglio se affumicato (provare per credere!). E con i dolci? Beh, per chi se la sente di uscire dal "seminato", la sommelier consiglia di optare per tè agrumati. E infine, una preziosa indicazione per preparare un perfetto tè freddo: non con l'acqua calda, bensì immergendo la miscela in acqua fredda e lasciandola in infusione per tutta la notte, senza ovviamente aggiungere zucchero. Al mattino dopo, il tè è pronto per essere bevuto così com'è, oppure per diventare una base alternativa per cocktail creativi.  Fiorenza 

mercoledì 5 maggio 2010

Una web community gustosa e solidale


Tra cieli tutt'altro che primaverili, monete ed economie in picchiata, oceani di petrolio alla deriva, vulcani irrequieti che invadono l'aria di ceneri, nonché scandali di vario genere e natura, è davvero difficile in questi giorni trovare qualche "buona" notizia. Ci provo comunque, segnalando un'iniziativa che, a mio modesto parere, mi sembra valida e concreta. È nato Il Circolo del Cibo, un progetto e una web community promossi da Altromercato per dare ulteriore spazio a chef, gastronomi, produttori di materie prime, consumatori e golosi interessati sì ad avere a che fare con il cibo - ognuno per quanto gli compete - però in un'ottica più attenta al sociale e con maggior riguardo verso elementi come tracciabilità, filiera corta, biodiversità, nonché cultura, diritti e piacere. Niente di nuovo, penserà qualcuno. Certamente si tratta di concetti già noti. Quello che c'è però di innovativo è lo strumento - il web - promosso a collettore tra gli addetti ai lavori da una parte, e gli interessati dall'altra. Infatti, il nuovo sito Il Circolo del Cibo si propone come piattaforma aperta per un dialogo e uno scambio tra persone che altrimenti non ne avrebbero l'opportunità concerta: da un lato, elencando tutti quei ristoranti - attualmente circa 30 - che dal nord al sud dell'Italia hanno aderito all'iniziativa e utilizzano nei loro menu - indicandoli chiaramente - anche prodotti provenienti dal commercio equo e solidale (la lista dei locali appare in un'apposita sezione del sito, mentre una vetrofania li segnala a chi ci passasse davanti per vaso); e dall'altro, appassionati e curiosi del mondo gastronomico, gourmet e consumatori sensibili a un concetto così vasto ma altrettanto concreto come "impatto ambientale, sociale e culturale del cibo", che vogliono dialogare, scambiare, imparare con il "resto del mondo" e le sue cucine e tradizioni. Insomma, questo sito virtuale e tutta la cascata di conseguenze che avrà nel concreto vuole essere un supporto e un veicolo per la filosofia del "mangiare solidale", senza per questo snobbare il gusto locale: perché, ad esempio, una pasta fredda preparata con penne di quinoa, o un'insalata di riso Thai rosso con verdure al vapore, o ancora un piatto di pesce in saor con spezie e uvette africane non tolgono niente alla nostra gastronomia. Al contrario, semmai l'arricchiscono. Per chi volesse saperne di più, è appena uscito un piccolo ma utile libro, Il cuoco leggero, di Marinella Correggia ed edito da Altraeconomia, che raccoglie informazioni, suggerimenti e ricette per ridurre la nostra impronta ecologica pur continuando a gustare i piaceri della tavola. La "rivoluzione" - e l'evoluzione - del cibo è forse una delle poche davvero fattibili, e senza bisogno di eserciti: bastano gli individui; i quali, nel loro insieme, formano poi la collettività, e quindi il mondo. Fiorenza

lunedì 3 maggio 2010

Il riscatto del risotto

Sfamano gran parte del mondo, nel senso letterale del termine, e già solo per questo meriterebbero il massimo del rispetto e dell'attenzione. In più, in Italia i chicchi di riso possono vantarsi di essere protagonisti del risotto, preparazione versatile ed eccellente che però ancora stenta a trovare il credito e il rispetto che invece meriterebbe. Anche nella ristorazione, dove non sono pochi gli chef che preferiscono glissare su questo piatto, oppure lo preparano in modo francamente poco entusiasmante. Però, per fortuna non mancano gli esempi che vanno esattamente nella direzione opposta, e che provengono non solo dal nord del Paese, dove il riso è di casa e di "cucina" per tradizione, bensì anche dal centro e dal sud. Lo dimostra ampiamente la nuovissima edizione della Guida Gallo - edita da Giunti - che raggruppa i "101 risotti dei migliori ristoranti del mondo", sia in Italia sia all'estero, oltre a segnalare e premiare il "Risotto dell'anno", scelto da una giuria tra le ricette proposte da giovani chef emergenti. Bello sfogliarla questa "Bibbia" del risotto, e scoprire che il signor piatto prettamente padano è cucinato e servito da big della gastronomia nostrana come l'abruzzese Niko Romito, nel suo Reale di Rivisondoli (Aq), e il campano Alfonso Caputo della Taverna del Capitano di Massalubrense (Na); i quali oltretutto lo amano per davvero il risotto, pur senza rinnegare Sua Maestà la Pasta, della quale per inciso in Italia ogni anno consumiamo in media 28 chili a testa, contro i 5 kg di riso. Ed è confortante notare come su 101 ristoranti segnalati nella guida perché hanno in carta almeno un risotto come si deve, ben 48 si trovino fuori dai confini nazionali, con un + 19  rispetto all'edizione 2009. Per finire, da grande appassionata di risotto quale sono, mi permetto di consigliare un indirizzo sicuro per fare il "pieno" di questa leccornia dalle mille sfaccettature e possibilità: il Cinzia di Vercelli, dove due giovanissimi talenti dei fornelli e freschi di Stella Michelin - Christian e Manuel Costardi - hanno in carta ben 25 diverse versioni di primi piatti con ingrediente principale Sua Altezza il Riso. C'è davvero solo l'imbarazzo della scelta. Fiorenza