Cerca nel blog

Pagine

mercoledì 28 luglio 2010

Una Cuccagna per Milano


Sembra un sogno, ma non lo è: una vecchia cascina del '700, poco lontana dal centro di Milano, in zona Porta Romana, sta per rinascere. E non per trasformarsi in un luogo di tendenza e modaiolo, bensì per diventare uno spazio vitale aperto a tutti i cittadini, di ogni età, dai bambini agli anziani. I lavori per recuperare la Cascina Cuccagna, da qualche decennio di proprietà del demanio comunale, sono a buon punto. E se arriveranno i soldi che ancora mancano - poco più di un milione di euro - nelle prime settimane del prossimo mese di gennaio, il Consorzio Cantiere Cuccagna potrà inaugurare ufficialmente i 3500 metri quadri, tra edifici, giardino e corti, di questo bell'edificio d'altri tempi. Che nonostante sia circondato da case e strade della metropoli, conserva intatto il suo fascino antico. Le 66 stanze con 128 finestre che compongono la Cascina saranno un punto di aggregazione per la città, un laboratorio culturale e creativo, un luogo di incontro, di scambio e di crescita. Ovvero, usando un linguaggio più tecnico, un "Centro polifunzionale di iniziativa e partecipazione culturale territoriale". Già adesso stanno affluendo decine di progetti e proposte per corsi, eventi, attività varie, che potrebbero trovare ospitalità nella Cascina. E sono tanti i Contadini Urbani, cioè i sostenitori che versando una somma di 250 euro acquisiscono il diritto di entrare a far parte del Gruppo consultivo permanente del Consorzio della Cascina. Dove ci saranno una trattoria, un bar, una scuola di cucina - con ingrediente stagionali e del territorio -, un'agenzia per il turismo agricolo e ambientale, una bottega a filiera corta, orto, frutteto e serra didattici, laboratori artigianali per il restauro e il riutilizzo, oltre a un piccolo ostello, una sala di lettura, un auditorium, laboratori teatrali. Inoltre, verranno ospitate mostre, rassegne, eventi musicali e teatrali. Detto così, può sembrare un elenco sterile e senz'anima: ma basta andare a vedere di persona - la Cascina resta aperta tutta agosto, dal lunedì al venerdì dalle 14 alle 19, con bevande e giochi di società - per capire che si tratta davvero di un luogo particolare, bello, concreto e rivoluzionario: perché nasce per condividere, integrare, socializzare e combattere quella solitudine culturale e sociale che sempre più affligge la città. E anche fornire l'occasione per ritrovare i sapori perduti: grazie al Mercato Agricolo che ogni martedì pomeriggio, a partire dalla fine di agosto, torna a occupare il giardino della Cascina. Fiorenza

domenica 25 luglio 2010

Tra la vita e la morte c'è di mezzo la fatica

Strani tempi, quelli che stiamo vivendo. Da una parte, non si perde occasione per sottolineare la sacralità della vita, sempre e a tutti i costi, da quando ancora è in divenire fino a quando è sfatta, logorata dalla malattia e dipendente da fili tecnologici. E dall'altra, la si toglie agli altri e a se stessi, in modo diretto o indiretto, con una facilità sconcertante, e per i più svariati motivi: "amore", "passione" (entrambi rigorosamente tra virgolette, perché chi ama veramente e prova davvero passione, non uccide il soggetto che gli permette di provare sentimenti così intensi, anche se lo ha "perso"), gelosia, rabbia, paura, euforia, disperazione, frustrazione, delirio di onnipotenza, superficialità, incompetenza (vedi la recente tragedia di Duisburg). Insomma, si ammazza, si provoca la morte, ci si ammazza, si augura la morte, non si tiene in conto la morte, la si sfida e la si sottovaluta ecc., con una dimestichezza che cozza in modo strabiliante con la tenacia con cui si predica l'intoccabilità della vita. Che quella occidentale sia una società affetta da schizofrenia, è evidente. Però, la malattia a mio parere sta degenerando con una velocità da capogiro, ed è difficile capire quale cura o trattamento possa davvero risultare efficace, ammesso che si voglia effettivamente tentare un trattamento. Magari un pizzico di presunzione in meno e un po' più di accettazione che vita fa comunque rima con morte, che lo si voglia o no? O forse un'attenzione maggiore rivolta verso il proprio io, le proprie azioni e responsabilità, invece che addossare all'altro e/o alla società stessa anche le proprie fragilità e i propri limiti? E, già che ci siamo, rendersi conto che l'altro è un individuo diverso da sé e libero, e che non tutto si può prevedere, ma che proprio per questo, certe situazioni, manifestazioni, derive, occasioni, raduni ecc. andrebbero meditati, evitati, organizzati in modo differente ecc. Ma tutto ciò richiede umiltà, introspezione, modestia, consapevolezza. Tutte cose che fanno rima con fatica. Fiorenza

domenica 18 luglio 2010

Ghiotte meraviglie d'Abruzzo

Conosco molto poco l'Abruzzo, confesso. Ma più raccolgo informazioni sulle tradizioni e sull'attualità della regione, e più abruzzesi mi capita di incontrare e conoscere, più mi piace questo lembo di terra difficile e autentico. E lo stesso vale per i suoi abitanti, a cominciare dai coraggiosi aquilani. Ultima scoperta è un progetto molto impegnativo e interessante, dal nome Ekk (che in abruzzese vuol dire "eccolo", "l'ho fatto") che vedrà la luce all'inizio del prossimo autunno, e che vuole essere un punto di raccolta e di riferimento per i prodotti più autentici della regione: sta sorgendo a Città Sant'Angelo, in provincia di Pescara, in un'antica cantina restaurata; da un lato ospiterà i piccoli produttori con le loro specialità, e dall'altro i "forestieri" che le potranno conoscere, apprezzare, acquistare. Torneremo a parlarne in modo più particolareggiato quando verrà inaugurato.
Ma è stato proprio in occasione della presentazione in anteprima di Ekk a Milano che sono incappata in due bellissime realtà abruzzesi. La prima è il ristorante Il Capestrano, quasi nascosto in un angolo tranquillo e periferico della città lombarda, in zona via Ripamonti: è un locale molto gradevole e accattivante, con quattro sale, una cantina a vista, un loft che si trasforma in "temporary home" e una bellissima corte interna che può ospitare cene, banchetti e "sagre urbane" di tipico stampo abruzzese. Come del resto è abruzzese il menu del locale, ispirato alle ricette della "nonna", e anche il personaggio che ha reso possibile tutto questo, ovvero l'imprenditore Wladimiro (detto Roberto) Babbo, e tutti coloro che ci lavorano. In questo angolo di Abruzzo trapiantato a Milano, ho potuto prendere parte a una Panarda; ovvero, uno storico e impegnativo rito culinario e conviviale durante il quale vengono servite tra le 50 e le 60 portate. Questa imponente occasione gastronomica ha origini molto antiche, quando nel '500 permetteva ai ricchi di mostrare tutta la loro potenza offrendo un pranzo più che opulento, per festeggiare ad esempio la nascita di un figlio maschio o la sua partenza per militare. Ogni vivanda veniva introdotta da un colpo di cannone (sostituito oggi dal rullo di tamburo), mentre il banditore di mensa annunciava il piatto. E guai a quell'ospite che avesse osato alzarsi da tavola, o ancor peggio abbandonare prima della fine la pantagruelica cena: l'ospite l'avrebbe considerata un'offesa personale, e la sfortuna si sarebbe abbattuta sul fuggitivo; oltretutto, ci pensava un guardiano di mensa a controllare che tutti assaggiassero tutto e stessero al loro posto.
Be', è stata un'esperienza molto singolare partecipare a questo rito, riprodotto per l'occasione in una formula più "light" rispetto alla alla classica ma pur sempre con 60 assaggi. I quali sono stati preparati da vari chef abruzzesi - compreso quello de Il Capestrano - e serviti come da manuale con una precisa sequenza logica e di sapore. Anche perché nell'antichità le donne ne erano escluse: a loro spettava il lavoro in cucina, mentre agli uomini quello di far onore a tutto quel ben di Dio. Fiorenza

venerdì 9 luglio 2010

domenica 4 luglio 2010

Buon cibo e di buone "maniere"


A Milano sono diversi i ristoranti dove si può mangiare del buon pesce. Ma La maniera di Carlo, aperto dall'autunno del 2009 in via Pietro Calvi 2 a Milano, si distingue anche per altri particolari. Innanzitutto, per l'ambiente raccolto, caldo e confortevole, che riesce a essere elegante senza incutere soggezione. E poi, lo staff, che ha un'età media di 22 anni. A cominciare dal giovanissimo proprietario, Francesco Germani, il quale ha scelto di chiamare così il locale in memoria del padre Carlo e di quelle sue "buone maniere" per cui in molti lo apprezzavano. E poi c'è lo chef, Lorenzo Santi: solare, sorridente e premuroso (non disdegna di servire lui stesso le portate, illustrandole una a una) non ha ancora 26 anni, ed è quello che si può chiamare un talento naturale. Infatti, dopo il liceo scientifico, Lorenzo ha deciso di entrare come "runner" al ristorante Gold di Milano, dove grazie alla guida di Giacomo Gallina ha imparato a dare forme concrete alla sua innata predisposizione per la cucina. Tra gli antipasti, il Carpaccio di ricciola su tortino di fragole all'aceto balsamico e guacamole al basilico è un equilibrato mix di sapori e consistenze che difficilmente lascia indifferenti, e lo stesso vale per la Capasanta con fico caramellato al porto, e il Carpaccio di scamponi con ventaglio di pesche bianche, mentuccia, pomodori pachino e citronette al passion fruit. E poi si prosegue sulla stessa linea emozionale e fantasiosa - e anche esteticamente molto gradevole - con i primi piatti, i secondi di carne e di pesce, fino ai dolci, senza scordare pane, focaccia e grissini fatti in casa. Insomma, vale davvero la pena di sedersi a uno dei tavoli - ben distanziati l'uno dall'altro - di questo locale dove ci si sente subito a proprio agio; e dove può capitare di cenare in compagnia di nonne con nipotini, giovani coppie, compagnie numerose ma dai modi discreti. In più, scorrendo il menu si viene a scoprire che riporta specificati i nomi dei principali fornitori di materie prime (dalla Macelleria Cazzamali alla frutta e verdura di Andrea di Terlizzi, dal riso di Cascina Scanna all'olio extravergine dell'associazione Pandolea. E che ogni secondo martedì del mese, una parte dell'incasso serale viene devoluto alla Lilt. Fiorenza