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lunedì 5 marzo 2012

I care. And you?





Ospito volentieri questo post dal blog di Loredana Lipperini 

Lunedì, 5 marzo 2012
Sarebbe bello che per questo Ottomarzo le cose andassero un po’ diversamente. Che per una volta non toccasse alle donne elencare di tutti i guai causati a questo Paese da un’irriducibile “questione maschile”: il monopolio, come lo chiama Chiara Saraceno, dei posti di potere, l’applicazione di cospicue quote non scritte (tra l’85 e il cento per cento) a favore degli uomini.
Sarebbe interessante che stavolta fossero i nostri colleghi giornalisti, opinionisti e blogger, a dire I care.
A scrivere: la violenza e il femminicidio sono un mio problema, e rivelano l’incapacità della sessualità maschile di liberarsi dalla tentazione del dominio.
Come posta un lettore, Claudio Losio, sul blog Il corpo delle donne, commentando la vicenda della ragazza stuprata da un militare a L’Aquila, «il quadro che ne esce ci riporta indietro di 30 anni, al documentario di Tina Lagostena Bassi sul processo per stupro. La giovane studentessa dell’Aquila è nostra figlia, dobbiamo trovare il modo di sostenerla e proteggerla».
I care: è un mio problema di uomo lo sfruttamento commerciale e mediatico della bellezza femminile, che indebolisce le donne inchiodandole a stereotipi umilianti.
È un mio problema che l’agenda politica e quella economica siano decise quasi esclusivamente da vecchi maschi che bloccano qualunque innovazione per il loro vantaggio personale.
È un mio problema la mancanza di welfare e di servizi, freno all’occupazione femminile e allo sviluppo.
È un mio problema l’eccesso maschile che sta danneggiando tutti, donne e uomini. E serve anche il mio impegno perché le cose cambino.
Sarebbe bello.
8TH MARCH: WE CELEBRATE, YOU DECIDE
It would be great if for once on this International Women’s Day things could be different. It would be interesting to see our male colleagues, both columnists and bloggers, saying “I care”. If they wrote: “violence towards women and femicide are my problem” and if they could reveal men’s inability to free themselves from the temptation to domineer. Following the rape of a girl by an army men in L’Aquila, a reader, Claudio Losio, posted the following on the “The Women Body “ blog: “This bring us back 30 years, back to the documentary by Tina Lagostena Bassi on the trial for rape. The young student from L’Aquila is our daughter, we have to find a way to support and protect her”. “I care”: I care as a man about the exploitation of women beauty in the media. It makes women fragile, confining them to a humiliating cliché’. I care that both politics and the economy are controlled by old men who prevent any change from happening to protect their own gain. I care for the lack of health, social and welfare services, which prevent women’s employment and development. I care for men’s excesses, which are detrimental to both women and men. I need to make a commitment for things to change. It would be great.
Postato in contemporanea da – Contemporaneously posted from:

Giovanna Cosenza, 

Manuela Mimosa Ravasio,  
Marina Terragni
Lorella Zanardo,
InGegnere,
Loredana Lipperini 
Le blogger che condividono questo post pubblicano periodicamente thread comuni, in particolare sul tema della rappresentazione pubblica della donna e su quello della rappresentanza politica.
Women bloggers sharing this post regularly publish common threads, specifically on issues regarding public portrayals of women and their political representation.

2 commenti:

  1. ..mi torna in mente un concetto che lessi una volta sul libro “Dietro il velo”.
    Si parlava dell’atroce condizione della donna nel contesto culturale arabo, una principessa si era fatta portavoce del dolore femminile del suo paese e rilasciava confessioni durissime ad una giornalista americana che le potesse testimoniare attraverso la scrittura.
    Mi è rimasto impresso un dialogo in cui la donna araba diceva che comunque nessuno dall’esterno avrebbe potuto aiutarle a cambiare. Solo con una rivoluzione di coscienza interna, capillare, voluta da tutte avrebbero potuto fare qualche passo in avanti.
    Quello che penso io della nostra situazione è che prima di riprovare a cambiare la mentalità maschile dovremmo insistere su un dialogo più profondo tra di noi. Mi spiego meglio, troppe donne non si rispettano già da sole, usano la femminilità come un mezzo per arrivare con scorciatoie di convenienza, si è instaurata fortemente la certezza assoluta che l’aspetto sia la carta vincente, valori e spessore non si vedono e quindi non sono necessari.
    Dovremmo confrontarci di più con questa buona metà di noi che non ci permette di progredire, lavorare alacremente su un cambiamento che venga più da noi tutte che da un genere maschile che spesso si pone come utente finale di una catena commerciale.
    E pensare che buona parte di questo lavoro era già stato fatto in passato…ma se c’è da ricominciare, eccoci qui!
    I fatti di cronaca di questi giorni denotano un indebolimento eccessivo della figura femminile, ci uccidono come si fa con gli animali, non stiamo dando l’impressione che con noi si possa anche discutere, siamo ancora troppo facili bersagli, evidentemente non avevamo completato il cammino che ora dobbiamo assolutamente riprendere e portare a conclusione. carla

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  2. Carla, mi trovi d'accordo: ciò che succede al mondo femminile per mano maschile, dipende anche da noi donne. A cominciare dalla figura della madre, che ha il delicato e fondamentale ruolo di crescere "persone", indipendentemente dal sesso, e che molto spesso invece alleva maschi e femmine: con eccessiva indulgenza e accento sulla "virilità" dei primi, e con esempi poco "esemplari" per le seconde. Ciò non toglie che tocchi anche agli uomini fermarsi un attimo a riflettere su di sé, e non affidare la propria forza ed evoluzione solo alle compagne. Una donna se vuole è in grado di rafforzarsi da sola, anche attraverso il confronto con il resto del mondo, maschi compresi; un uomo, al contrario, spesso riesce a diventare "adulto" solo se incontra una donna che lo prende per mano e lo accompagna

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