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martedì 9 marzo 2010

The day after

Nove marzo, Milano, ore 8 del mattino: sotto un cielo stancamente grigio e che emana aria ostinatamente fredda, ci si muove come sempre a branchi e a passo veloce per raggiungere l'ufficio, la fermata della metropolitana, il supermercato, la scuola, la casa ecc. E ovviamente, come sempre facendo attenzione a schivare i motorini e motorini che sfrecciano sui marciapiedi, le montagnette di cacche canine di vario colore e dimensione disseminate a macchia di leopardo, le macchine parcheggiate ovunque e come capita, i mozziconi di sigaretta accesi gettati via senza fare attenzione a chi passa in quel momento. Ma a ben guardare, qualche cosa di diverso c'è oggi, a dare un tocco di colore alla usuale dose di incuria e menefreghismo metropolitani: resti di mimose spiaccicate sui marciapiedi e, qua e là, scatoloni color bianco e azzurro che le contenevano (non ci si può sbagliare, grazie alla gigantesca scritta "MIMOSE" che li contraddistingue) mescolati alla solita spazzatura a cielo aperto. Bene, tutto è tornato alla normalità, e questo per assurdo mi tranquillizza. Lo conferma anche Natalia Aspesi, che apre così il suo pezzo sulla prima pagina di la Repubblica di oggi: "Una donna vince l'Oscar per la miglior regia e in tanti si compiacciono che accada proprio l'8 marzo, l'unico giorno in cui si fa finta che le donne contino." Attenzione: non è che le donne debbano contare di più o di meno degli uomini, non è questo il punto: è che sarebbe bello dare e ricevere più attenzione sempre e di "default", indipendentemente dal sesso, dal colore della pelle, dalla professione, dall'età, dall'aspetto fisico, da come la si pensa e dalla data del calendario. Niente foto per questo post, scusate: Le mimose ridotte in poltiglia mi mettono ancora più tristezza di quelle tenute vive a forza per essere smerciate nel giorno dedicato al vocabolo "donna". Fiorenza

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