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domenica 7 marzo 2010

Fermate l'Italia, vorrei scendere

L'avessi scritto ieri e di getto, questo "post", non avrei usato il condizionale nel titolo. Oggi, con il senno di poi, riesco a essere più zen e a pensare che se questo mi/ci tocca vivere, qui e ora, un senso lo dovrà pure avere: bisogna solo fare lo sforzo - immane, davvero - di riuscire almeno a intravederlo, il senso, per cercare poi di trasformarlo in un'occasione di crescita, personale innanzitutto e meglio ancora da condividere con chi lo desideri o sia in grado di farlo.  Però, lasciatemelo dire: non ci sono nemmeno più le parole - quanto meno, io non le trovo, nonostante sia il mio mestiere cercarle e metterle in bell'ordine - adatte a descrivere la deriva sociale, politica, economica, morale, spirituale ecc. nella quale siamo immersi, volenti o nolenti. Non credo che la "colpa" sia da imputare a qualcuno o a qualcosa soltanto: troppo facile, scontato e infantile, esattamente come infantili erano molti dei discorsi, delle proteste, delle pseudo-spiegazioni e delle contro-spiegazioni che ho sentito dare e dire in televisione, sulla carta stampata, sul web in questi giorni di delirio istituzionale. Era dai tempi della mia infanzia che non mi capitava di assistere a uno scambio altrettanto puerile a colpi di "io non c'entro, ha cominciato lui", "si va beh, ma anche lui... ", "così però non vale", "arimortis", "arivivis" ecc. Fino al fatidico, ultimo atto: quello di chiedere l'intervento risolutivo della maestra, o del Maestro, come nel caso specifico. Il quale di questi tempi si trova a dover giocare un ruolo davvero difficile: far da paciere tra bambini dell'asilo, però molto fuori corso e in più animati da intenti e capacità da adulti furbetti. Ecco, è stato forse questo il pensiero che mi ha aiutato a superare "la nottata": se io faccio sempre più fatica a respirare per via della gran puzza di stantio e di discarica che pervade l'aria e intride gli abiti e i cervelli - anche il mio, accidenti - quanto meno posso sempre chiamarmi fuori e spalancare le mie finestrelle personali per prendere una boccata di aria pulita e rigenerante. Ma il Maestro, lui no. A lui tocca dare retta a tutti all'intera banda di scolari scalmanati e sempre più capricciosi, indisciplinati, rancorosi e prepotenti. Proprio non la invidio, signor Maestro. E mi consolo anche pensando che, da che mondo è mondo, a ogni tramonto (vedi fotina qui sopra), segue sempre l'alba. Cui volutamente ho concesso la "pole position" e maggiore spazio. In segno di speranza. Fiorenza

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