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martedì 30 marzo 2010

Il Paese dei panini

Più rifletto sui risultati delle consultazioni dello scorso fine settimana, più mi viene da pensare a un paragone forse irriverente però a mio avviso calzante: siamo un paese grondante di materie prime eccellenti, con una tradizione, una varietà e una cultura gastronomica che gran parte del mondo ci invidia. Eppure, ai piatti cucinati - anche in modo semplicissimo - preferiamo molto spesso i panini. Niente di personale contro questa categoria ben rappresentata nel panorama alimentare di gran parte del globo (proprio di recente, ho avuto nuovamente l'occasione di morderne alcuni di tutto rispetto, per così dire con il "pedigree"). Però, non posso fare a meno di pensare che anche un semplice piatto di pasta al pomodoro sia un'opzione migliore, sia per lo stomaco - parola di nutrizionisti - sia per il contorno, ovvero il rituale, l'impegno, il tempo, l'attenzione che richiede prepararlo e anche mangiarlo. Ma noi italiani, a quanto pare, cediamo più facilmente alle lusinghe imbottite che a quelle cucinate; zittiamo la fame ingurgitando un contenitore commestibile freddo - o tutt'al più riscaldato alla piastra - azzannandolo con tutto il suo contenuto spesso allettante nell'aspetto ma deludente nel sapore. E poi ci sentiamo sazi, soddisfatti, appagati e in più al passo con i tempi. E, già che ci siamo, anche furbi. Mettersi ai fornelli è roba d'altri lustri, costa tempo e fatica. E lasciare che sia qualcun altro a farlo per noi richiede la pazienza di aspettare, l'umiltà di affidarsi e la consapevolezza di dover poi pagare per quel gesto antico quanto il mondo. Meglio un panino, magari dal nome altisonante e intrigante: basta puntare il dito verso di esso, e il pranzo è servito, senza bisogno di metterci del proprio, di sperimentare, di sbagliare, di migliorare. Ma c'è anche un altro aspetto di questo parallelo postprandiale tra cibo e politica che non posso fare a meno di mettere nero su bianco. Proprio di recente, uno dei ministri dell'attuale governo non ha nascosto - anzi, ha fatto in modo che tutti vedessero, rivedessero e notassero - il suo entusiasmo per la virata verso i prodotti locali di una arcinota catena di panini iperglobalizzati. E, guarda caso, sempre lui è stato ora eletto a furor di popolo presidente della regione che lo ha visto nascere. Come dire: anche in campagna elettorale, la pasta al pomodoro non ha chance. Il panino, pur se yankee camuffato da "made in Italy" vince, e alla grande. Fiorenza

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