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domenica 27 giugno 2010

Il Bel Paese allo specchio

Era da molti anni che non tornavo a Lisbona, e l'ho trovata cambiata, con molti edifici nuovi - alcuni dei quali onestamente imponenti - nelle zone periferiche ma altrettante case abbandonate e un rosario di vetrine di negozi vuoti nelle parti più antiche e vivaci del centro storico. Però, l'impressione di essere in una terra sì straniera ma tutt'altro che estranea, è stata la stessa che mi aveva piacevolmente stupito al mio primo incontro con la capitale portoghese, e più in generale con tutto questo paese del quale qui da noi si sa così poco. Di questo e di molto altro ho avuto l'occasione e la fortuna di poter parlare a con il giovane e sconosciuto commensale che il caso ha voluto si sedesse di fronte a me durante una cena di lavoro. Alternando italiano e inglese, nel corso di un paio di ore abbiamo conversato a ruota libera, scoprendo di condividere identiche visioni in merito alla vita e all'importanza di viaggiare per scoprire se stessi e il mondo, e soprattutto gli stessi timori per la situazione e le sorti dei rispettivi Paesi; la medesima sensazione di fatica che comporta vivere nella realtà attuale, l'identico sconforto per l'evidente carenza di stimoli e ideali, di programmi seri e a lungo termine, di vivacità e onestà intellettuale in molti campi e livelli. Fino al momento in cui il mio interlocutore - nato esattamente lo stesso anno nel quale io mettevo piede per la prima volta sul suolo portoghese - mi ha detto guardandomi negli occhi: "Sai, non riesco proprio a capire come l'Italia possa accettare di avere come premier un uomo così discusso come Berlusconi, e per di più padrone di una larga fetta dei canali di comunicazione". Avrei voluto rispondere con un "Nemmeno io lo so più", oppure mettermi a piangere come una bambina. E invece ho cercato di approfittare dell'occasione che questo gentile e intelligente straniero mi stava offrendo per guardare il mio Paese attraverso uno specchio e dare anche a me, oltre che a lui, una risposta degna della Storia. Ci ho provato, ma francamente non so se ci sono riuscita. Poi, tornata a casa, ho letto su Repubblica L'Amaca di Michele Serra del 25 giugno, a commento dell'eliminazione degli azzurri in Sudafrica. E ho capito che cosa avrei dovuto rispondere: "La mediocrità è la condizione che descrive meglio di altre questo scorcio della nostra vita nazionale, e prima ne prendiamo atto, meglio è". Grazie Michele per l'assist: manderò subito una mail al mio attento e premuroso commensale e gli darò questa ulteriore chiave di lettura per capire la realtà italiana. Ovvero che il nostro sarà anche il Bel Pese, però colonizzato da un popolo mediocre. Fiorenza

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