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martedì 13 aprile 2010

Artigianale a chi?



Per qualcuno, parlare di gelato la mattina presto è come offrire salame piccante per colazione: roba da far accapponare la pelle e chiudere lo stomaco. Mi spiace, ma per me entrambi - il gelato e il piccante, in tutte le sue versioni - sono prelibatezze per tutte le ore. Ecco perché anche stamattina mi sono svegliata pensando e ripensando a un cartello che vedo negli ultimi giorni su un marciapiede che percorro spesso, e che recita tronfio e sicuro di sé "Gelato artigianale". È così grande quell'annunciatore in plastica - con tanto di mega cono della stessa materia finta e colorata - che non si può non vederlo, anche perché se ne sta posizionato nel bel mezzo del marciapiede. Ovviamente, essendo io una estimatrice del prodotto di cui sopra, alla seconda volta che sono quasi inciampata in questo ambasciatore del gusto, non ho potuto fare a meno di dare un'occhiata all'interno del negozio relativo. "Ma come, è un bar qualunque, anzi un'enoteca. Possibile che abbiano il gelato artigianale?", era il dubbio - e la speranza - che mi frullava per la mente. È bastato uno sguardo al misero banco frigo sponsorizzato da un noto marchio di gelato industriale e alla manciata di contenitori tristi e mezzi vuoti per capire che lì dentro di artigianale c'era al massimo il bancone in legno della mescita. Ma come è possibile, mi chiedo, voler spacciare a tutti i costi una cosa per un'altra? Niente da ridire sui coni, stecchi, vaschette ecc. prodotti in serie. Ma perché propagandare un prodotto per un'altro? Per fortuna, ho un buon fiuto per il gelato doc, e spesso mi basta solo guardarlo per capire se fa per me o no: non mi crea nessun problema entrare in una gelateria, dare un'occhiata ai cartellini, ai colori delle creme, all'ambiente in generale, e se non mi convincono andarmene con un "Mi spiace, ma è quello che cercavo". Dopo il pianto, ecco il sorriso: per tutti gli appassionati di coni e coppette da incorniciare - in senso metaforico, visto che il contenuto non lo consente - ecco due indirizzi forse meno noti di altri ma assolutamente da segnare in agenda. A Firenze, Carapina, regno dell'estroso Simone Bonini, che non perde occasione per testare, sperimentare, abbinare e fare cultura intorno al gelato di qualità e con frutta e prodotti di stagione. Da poco, per la gioia dei suoi fan in continuo aumento quasi fossero quelli virtuali della sua pagina di Facebook, Carapina si è clonato, aprendo oltre al negozio e laboratorio di Piazza Oberdan 2/r anche un secondo punto di attrazione, più centrale e a portata di passeggio, in via Lambertesca 18/r, a un tiro di coppetta da Ponte Vecchio. E a Milano, il Gelato Giusto, in via San Gregorio 17, zona Corso Buenos Aires, dove Vittoria e Alessandro - lei con un diploma in pasticceria francese ottenuto a Londra e una sana passione per il cioccolato, lui di professione fotografo con un debole per i primi piani su creme e sorbetti - accanto ai gusti più classici ma "tosti" propongono vere e proprie chicche come il Fior di basilico e il Fior di menta, entrambi preparati con le rispettive foglioline e non con sostanze "facenti le veci di". Per inciso, entrambi questi luoghi di culto di delizie algide non hanno grandi cartelloni "buttadentro"; al contrario, le loro insegne sono quanto di più sobrio e modesto ci sia. Però, una volta che ci siete entrati, fate fatica ad andarvene via. Fiorenza

1 commento:

  1. brava fiorenza, hai proprio ragione! siamo stufi di marketing, meno male che c'è chi lavora in modo serio e appassionato e riesce a far capire la differenza con i fatti!!! W carapina e adesso che lo so faccio un salto anche da questo gelato giusto!

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