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domenica 11 aprile 2010

Non è un paese per musicisti. Purtroppo


Bene, finalmente una bella notizia: stando a quanto riportava ieri il Corriere della Sera, il neonato liceo musicale avrebbe raccolto molti consensi tra i futuri studenti che in questi giorni si "prenotano" per quello che sarà l'indirizzo dei loro studi dei prossimi anni. Grande entusiasmo, dunque, nei confronti delle sette note, al punto che per poter ottenere un banco in uno di questi licei all'insegna della musica, della sua storia, degli strumenti per produrla e via discorrendo, si renderà necessario l'esame d'ammissione. Certo, le strutture ad hoc sono ancora poche, e questo può spiegare in parte il "tutto esaurito" raggiunto, credo, al di là di ogni aspettativa. Però, è da quando ho letto ieri questa notizia che sono tormentata da un dubbio, una piccola stonatura che rovina il piacere dell'ascolto, giusto per restare in tema. Per piacere e passione, da molti anni coltivo il canto e la musica d'insieme, da semplice dilettante e senza nessuno studio adeguato alle spalle. E nel corso di questa mia "carriera" parallela ho avuto l'occasione e il piacere di incontrare, conoscere e parlare con molti giovani studenti di vari Conservatori italiani. Notando un file-rouge che li accomuna, più o meno tutti, indipendentemente dal talento, dalla bravura e dalle capacità acquisite con l'esercizio: ognuno di loro vive consapevolmente  e obbligatoriamente una sorta di seconda vita, e accanto allo studio - impegnativo e costante - di uno strumento, del canto, della composizione ecc., si dà da fare per imparare anche qualcos'altro. Perché ha bene presente che in Italia con la musica non si campa. Al contrario, negli ultimi anni è sempre più difficile riuscire anche solo a praticarla, a diffonderla, a goderne a livello amatoriale, figuriamoci a quello professionale. Conosco una bravissima e giovane mezzosoprano che, da quando ha completato gli studi al Conservatorio, per sbarcare il lunario ha lavorato come commessa in un negozio di calzature, e ultimamente fa la spola tra l'Italia e un Paese europeo forse meno ricco di patrimonio musicale del nostro ma più sensibile a questo aspetto delle cultura umana; e un altro neodiplomato in composizione che è stato felice di trovare un posto in una catena di negozi di articoli sportivi. Peccato che questo lavoro - per via degli orari e di turni - lo impegni così tanto che la musica sia passata in secondo piano. E qualche anno fa, sono stata diretta da un giovane e capace Maestro, il quale per sbarcare il lunario faceva l'impiegato alle Poste, e per la sera del concerto in un teatro milanese ha dovuto prendere a nolo lo smoking. Certo, non tutti quelli che escono con un diploma dal Conservatorio sono destinati a diventare stelle del firmamento musicale. Però sopravvivere dando lezioni private, come fanno in tanti, è ben triste. Spero tanto di sbagliarmi, ma attualmente non mi sembra davvero che l'Italia sia il palcoscenico più adeguato ad accogliere e applaudire futuri musicisti e coreuti. Né a dare loro le opportunità per vivere di e per le sette note. Fiorenza

2 commenti:

  1. conosco perfettamente il problema avendo una sorella che lavora con la musica. Tra l'altro mi faceva notare come gli abilitati per l'insegnamento ai licei musicali saranno soltanto quegli insegnanti che già lo fanno dei conservatori. Danno e beffa anche per chi, in qualche modo, ci aveva visto anche una possibilità di lavoro... ci sarà posto solo per il raddoppio degli stipendi dei 'soliti noti'

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  2. La solita musica, insomma. Peccato. Un'altra - l'ennesima - occasione persa. F.

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